domenica 1 giugno 2008

Istruzioni per rendersi infelici / 1

Stanchi di tutta quella manualistica che vi spinge, maledetta, alla ricerca della felicità? Niente problema! Grazie a questo corso vi renderò degli abili avversari di voi stessi! E, finalmente, diventare infelici!
E' universalmente riconosciuto che ci si può creare l'infelicità anche nel chiuso della propria mente, pur essendo questo assai difficile da capire e attuare pienamente.Si può rimproverare al proprio partner la mancanza d'amore, accusare il superiore di malafede e rendere responsabile il tempo del nostro raffreddore, ma come si fa a diventare giorno dopo giorno avversari di noi stessi?
Come tanti segnali indicatori, auree massime ci mostrano la strada per l'infelicità; esse sono fissate dal sano buon senso, per non parlare della sana sensibilità popolare o addirittura dell'istinto per ciò che avviene nel profondo. Alla fin fine è del tutto marginale la scelta del nome per questa meravigliosa facoltà. Si tratta in fondo della convinzione secondo cui esista un unico punto di vista valido: il proprio. Si pervenga una volta a questa convinzione e ben presto si dovrà concludere che il mondo sta andando in rovina. Ed è qui che si distinguono gli esperti dai dilettanti. Questi ultimi finiscono a volte per alzare le spalle e a volte per arrangiarsi. Chi invece rimane fedele a se stesso e ai propri principi non è disposto a nessun facile compromesso; posto di fronte alla scelta tra l'essere e il dov'essere, egli si decide incondizionatamente per il mondo come deve essere e rifiuta il mondo quale esso è.
E' proprio un peccato che dal suo repertorio sembri mancare un'aurea massima degli antichi romani: Ducunt fata volentem, nolentem trahunt - il fato conduce dolcemente chi lo segue, trascina chi gli resiste.
Egli resiste, infatti, e certamente in un modo del tutto particolare. In lui, cioè, la riluttanza diventa fine a se stessa. Nella preoccupazione di essee fedele ai propri principi, finisce per rifiutare continuamente ogni cosa, perché non rifiutare significherebbe già tradire se stesso. Il semplice fatto che il prossimo gli consigli qualcosa è quindi un motivo per rifiutare, anche nel caso in cui seguire tale consiglio sarebbe oggettivamente nel suo stesso interesse.
Ma il vero genio naturale va ancora più in là e in atteggiamento di eroica coerenza rigetta anche ciò che a se stesso appare come la migliore raccomandazione, in quanto raccomandazione fatta a se stesso.
Ai miei lettori poco dotati posso soltanto presentare questa condizione come sublime ideale, ma per loro del tutto irraggiungibile.

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